Venerdì sera davanti ad un enorme platea al Premio Internazionale Cultura Cattolica, il giorno dopo davanti a una curiosa studentessa. Ugo Amaldi, scienziato di fama internazionale, si presenta sorridente, disponibile e curioso di come era andato a finire la serata precedente, nei festeggiamenti post-Premio celebrati nelle accoglienti taverne amiche. Lasciate le chiacchiere, la voglia di scrutare questa personalità interessante e colma di idee è troppa e quindi pongo la prima domanda.
Pascal dice “Perché, infine, che cos’è l’uomo di fronte nella natura? Un nulla al confronto dell’infinito, un tutto a confronto del nulla, una via di mezzo tra il nulla e il tutto. Infinitamente lontano dal comprendere questi estremi, la fine delle cose e il loro principio sono per lui invincibilmente celati in un segreto impenetrabile”. Lei si occupa di protoni ed elettroni, di acceleratori di particelle, di materia e antimateria. Qual è il limite per l’uomo, se c’è? C’è davvero un segreto impenetrabile in Natura? Sicuramente l’uomo non arriverà mai a costruire una teoria fisica, chimica, biologica dell’insieme della natura. Noi costruiamo in ciascun ambito della ricerca delle teorie, o meglio, dei modelli che descrivono per quanto bene possibile la più ampia quantità di fenomeni osservabili. L’avanzare della scienza consiste nell’area di copertura di un certo modello, però è mia convinzione che non vi sarà mai un solo modello che coprirà tutti i fenomeni naturali, sarà sempre un “patchwork” tra modelli diversi. L’uomo si dovrà sempre accontentare di descrivere il mondo naturale come un insieme di modelli, magari coerenti, che avranno sempre dei bordi indefiniti. Dio ha creato un mondo che si fa da sé nella sua globalità ed è il nostro bisogno di capire ed indagare che fa sì che l’uomo si crea modelli per interpretare la realtà. Tutti gli esseri viventi si fanno dei modelli del mondo esterno e quindi il fatto che il mondo esterno sia comprensibile non è una prova dell’esistenza di Dio perché semplicemente è intrinseco all’evoluzione. Una cosa però rimane misteriosa: convinti del fatto che l’uomo crea dei modelli rimane da spiegare perché la parte fondamentale della scienza, il mondo fisico, possa essere descritta con la matematica, che è un invenzione dell’uomo.
In una persona come Lei che esplora la natura ha avuto più peso la conoscenza o la fede?
Sono due gambe diverse che ci portano dalla stessa parte. Le radici della nostra fede, secondo me, sono la conoscenza sapienziale, i testimoni credibili, la lettura delle sacre scritture. Invece per quanto riguarda la scienza, essa è si una passione ma è determinata dalla razionalità scientifica. I pensieri che abitano le tre facce del mio modello di “uomo tetraedrico” non sono distaccate ma vanno di pari passo per giungere alla Verità. È però un cammino che si costruisce aggiungendo pezzi e distruggendone altri. Anche i più grandi esempi di persone credenti come Madre Teresa di Calcutta hanno avuto i loro dubbi in merito alla fede, e questi in uno scienziato credente sono leggermente più amplificati a causa dell’interferenza tra i pensieri della razionalità scientifica e quelli della ragionevolezza sapienziale.
Pensa di aver avuto una sorta di vocazione, di chiamata nell’offrire tutto il suo sapere scientifico agli altri tenendo sempre ben presente il naturalismo duale (Natura-Dio) di cui lei parla?
Mi son accorto che mancano, soprattutto in Italia, persone che capiscono abbastanza di scienza e che si pongano questi problemi con una certa volontà di dedicarci dell’attenzione. Avendo avuto la fortuna di aver avuto tutto nella vita – sono nato in una famiglia che poi mi ha lasciato un eredità non solo intellettuale e culturale ma soprattutto morale ed etica molto forte, ho incontrato mia moglie, donna straordinaria da cui ho avuto degli splendidi figli – mi son sentito come uno che avendo tante ricchezze si mette a fare del volontariato. Sì, il mio è volontariato a pensare, ad interrogarmi su queste cose e ne è uscito il modello di “uomo tetraedrico”. Non è tanto una vocazione, ma il frutto di un cammino in cui, avendo avuto queste fortune e anche una certa sensibilità per i temi religiosi, mi è sembrato di trovarmi su un confine in cui potevo dire qualche cosa che potesse essere utile a me e agli altri.
Ogni uomo cerca di capire se stesso, di dare risposte alle sue esigenze di felicità, di amore e di verità. Qual è il modo per conciliare le due cose?
È la conciliazione tra l’intelletto e il cuore, la ratio (che è l’insieme di tutti i modi di porsi davanti alle diverse realtà) e il sentimento, l’io profondo (che è costituito dalla nostra esperienza esistenziale). È chiaro che ognuno cerca la felicità, che il momento in cui la sintesi tra il cuore e l’intelletto è all’apice, quindi non c’è contrapposizione tra sentimenti e comprensione dell’universo. Il modello dell’uomo tetraedrico mette in conto l’unità dell’uomo (l’unita tra intelletto sentimenti e volontà) ma spiega anche che l’interno di questa unità occupa molto spazio e quindi ha molto peso: i pensieri, i sentimenti, l’io profondo.
Amaldi umilmente ribadisce più volte che il suo pensiero è ancora “work in progress”, sempre alla ricerca di nuove idee da confermare o da confutare. Sicuramente è un esempio di come si possa tentare di andare a fondo nel tentare di dare una risposta alle “grandi domande” che ognuno porta nel cuore; d’altronde, basta leggere il Siracide 14,20-21: “beato l’uomo che medita sulla sapienza e ragiona con l’intelligenza, considera nel cuore le sue vie, ne penetra con la mente i segreti”.
Giulia Fietta
ARTICOLO DA \”LA VOCE DEI GIOVANI – MARZO 2013\”