Così don Didimo Mantiero parlava nelle sue memorie di don Mario Ghibaudo, sacerdote che operava come curato nella parrocchia di Boves (Cuneo), dove negli anni della Seconda Guerra convergevano numerosissimi alpini provenienti anche dal Veneto. Fu probabilmente attraverso uno di questi che don Mario conobbe La Dieci, l’esperienza di preghiera e di sacrificio personale alla quale don Didimo aveva dato vita in quegli anni e alla quale, con ogni probabilità, aderì. “Anche la vita, per la causa”, aveva scritto su un bigliettino don Mario.
E la vita gli fu tolta con inaudita violenza il 19 settembre 1943, durante una rappresaglia fascista nella quale vennero bruciate 350 case e vi furono decine di morti. Don Mario stava mettendo in salvo i suoi parrocchiani, aiutandoli a nascondersi nei campi. A costargli la vita fu il suo attaccamento al Santissimo, che aveva dimenticato in chiesa. Tornò sui suoi passi per metterlo in salvo dalla furia dei militari, dopodiché ritornò verso la campagna per rifugiarsi. Lungo la strada, rallentato da un carretto col quale stava trasportando un’anziana, venne fermato da un’autoblindo. La vecchia venne lasciata viva, mentre il corpo di don Mario fu trovato il giorno dopo straziato da colpi di mitra e con il petto squarciato da una pugnalata.
Il 31 maggio si è aperta la fase diocesana del processo di beatificazione sia di don Mario Ghibaudo che di don Giuseppe Bernardi, anch’egli trucidato durante la rappresaglia.