Un ginecologo, una psicologa e la fondatrice del Centro Aiuto alla Vita di Bassano spiegano come si può dire “sì” alla vita anche nelle situazioni più difficili
LA MOTIVAZIONE NEL LAVORO
Aggredire la vita in modo positivo
A Bassano il Centro Aiuto alla Vita ha fatto nascere 1500 bambini, che altrimenti sarebbero stati gettati via. Un ginecologo, una psicologa e la fondatrice del Centro Aiuto alla Vita di Bassano spiegano come si può dire “sì” alla vita anche nelle situazioni più difficili e smontano qualche luogo comune sull’aborto
Domenica 9 giugno lo staff della Giovaninfesta ha messo in campo una squadra eccezionale per poter dire ai giovani “dite sì alla vita” e quindi concludere in bellezza il ciclo degli aperitivi culturali. Un ginecologo, il dott. Gabriele Falconi, una psicologa, Manuela Dal Monte, e una delle fondatrici del Centro Aiuto alla Vita (CAV) di Bassano, Bruna Rigoni era la formazione messa in campo dal CdG per scuotere gli animi dei giovani.
È stato un mix di pareri professionali ed esperienze personali dirette per sottolineare che il problema dell’aborto c’è, esiste ed è una realtà da combattere. Come ha spiegato la dott.ssa dal Monte, “non si risolve un problema con un altro problema”: quello della gravidanza inaspettata è sì un problema, un ostacolo enorme da affrontare, ma il messaggio che occorre far passare è che una soluzione c’è. Secondo la psicologa infatti il comportamento giusto da tenere è quello di stringere i denti e tentare di risolvere il problema poiché la vita è un dono inestimabile che va difeso. Ma per iniziare a scalare una montagna ripida è meglio avere tutto l’occorrente nello zainetto e la dott.ssa Dal Monte ha sottolineato come una buona formazione e un buon percorso fatto da fidanzati siano l’asso nella manica da calare nei momenti di difficoltà: “avere lo spazio e darsi lo spazio con una comunicazione sincera e vera. Non si può pretendere di fare ciò che si vuole e poi un giorno tirare le somme: tutte le fatiche affrontate e il percorso fatto daranno i loro frutti”.
Spesso invece è proprio la coppia che crolla, oltre che l’appoggio familiare, e la solitudine della madre è una delle cause che porta a voler abortire. Diventa allora fondamentale l’aiuto che i 350 CAV offrono a queste madri in tutta Italia. È sì un sostegno economico e pratico quello che viene offerto ma è soprattutto un’amicizia, una mano tesa, uno sguardo d’affetto quello che trovano le mamme che si rivolgono a questi centri. Con un pizzico di emozione Bruna Rigoni ha spiegato che “i CAV sono nati proprio per affiancare le mamme, per accompagnarle in un periodo di difficoltà”. “Le madri che arrivano con la carta dell’IVG in mano – ha commentato – hanno solo bisogno di qualcuno che si metta al loro fianco e che non le faccia sentire sole”, e il disco delle autoconvinzioni e delle autogiustificazioni crolla. “A Bassano – ha aggiunto – abbiamo fatto nascere 1500 bambini, tutti di mamme che avevano deciso di abortire”. Già Giovanni Paolo II ce l’aveva spiegato nell’Enciclica Evangelium Vitae, allertandoci che «le relazioni interpersonali conoscono un grave impoverimento. I primi a subirne i danni sono la donna, il bambino, il malato o sofferente, l\’anziano. Il criterio proprio della dignità personale – quello cioè del rispetto, della gratuità e del servizio – viene sostituito dal criterio dell\’efficienza, della funzionalità e dell\’utilità: l\’altro è apprezzato non per quello che “è”, ma per quello che “ha, fa e rende”. È la supremazia del più forte sul più debole».
Tutto semplice fin qui, eppure si parla spesso di aborto terapeutico, parola che sembra avere una vena magica mista a speranza che può eliminare in pochi secondi un problema per sbaglio capitato. Ma il dottor Falconi, portando l’esempio delle famiglie con figli malati terminali o con gravi malformazioni, ha spiegato che l’aborto non può mai essere terapeutico. Sottolineando il fatto che “accompagnare” i figli verso la morte non è la stessa cosa di “eliminarli”, ha presentato uno studio secondo il quale nelle famiglie che hanno optato per l’aborto, nemmeno il 30% ha avuto un’altra gravidanza dopo 2 anni, mentre quelle che hanno accompagnato il figlio malato dopo sei mesi erano già pronte ad accogliere una nuova vita. Ovviamente di queste ricerche nessuno parla mai, come nessuno dice che dai verbali di alcune conferenze fatte negli anni Sessanta da associazioni pro-aborto è emerso come esse lavorassero per cambiare il significato della parola “gravidanza” al fine di poter far passare come contraccettivi metodi che invece erano abortivi, come la spirale a quell’epoca.
Da qui al fatto che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la gravidanza inizia dall’annidamento e non dal concepimento il passo è stato breve, “e quindi la pillola del giorno dopo non è considerata abortiva”. Il punto cruciale da tener presente, però, secondo Falconi è: “la domanda di morte per se stessi (eutanasia) o per il proprio figlio (aborto) è legata all’egoismo della persona che abbiamo davanti/dentro o questa persona è una vittima silenziosa dell’egoismo che la circonda?”. L’enciclica di Giovanni Paolo II suggerisce che «le radici della contraddizione che intercorre tra la solenne affermazione dei diritti dell\’uomo e la loro tragica negazione nella pratica risiedono in una concezione della libertà che esalta in modo assoluto il singolo individuo, e non lo dispone alla solidarietà, alla piena accoglienza e al servizio dell\’altro». Ma dai dati che mostrano che fino ad ora sono nati 150 mila bambini grazie ai CAV di tutta Italia, possiamo dire che qualcuno il “sì alla vita” lo sta ancora urlando.

Giulia Fietta