Roberto Perrone scrive nell\’edizione di giugno luglio 2005 di Tracce su La Dieci e sul Comune dei Giovani di don Mantiero.
Roberto Perrone
Nel 1941 don Didimo Mantiero crea La Dieci facendo una proposta a dieci ragazzi: pregare per la salvezza della città alla maniera di Abramo. Nel 1962 a Bassano del Grappa, nella parrocchia di Santa Croce, fonda il Comune dei Giovani. La proposta è la stessa: un’amicizia con al centro l’incontro personale con Gesù. Da qui tante iniziative: la scuola politica e quella di cultura cattolica, le gite, il teatro, il calcio. Abbracciando con passione ogni aspetto della vita. Fino all’impegno politico
Sul Ponte di Bassano, anche se la celebre canzone non lo cita, c’è il Museo degli Alpini, che non è solo un museo, ma anche un’osteria. Vedo le bottiglie di grappa attraverso i vetri. Si vede bene stasera. È una notte d’inverno di una limpidezza stordente, c’è una tramontana buona che ha spinto via la foschia e lasciato il cielo stellato e l’orizzonte aperto, dalle montagne che celano l’altopiano di Asiago fin giù, verso il mare, verso Venezia.
Resisto ad avventurarmi dentro il museo perché l’appuntamento con gli amici del Comune dei Giovani è in via Roma, nella splendida enogastronomia della famiglia Baggio, dove non mancherà qualcosa di buono. Lì mi aspettano Francesco Bizzotto, Andrea Mariotto e Alberto Scalco e, lo so per esperienza, qualche prelibatezza. Scendiamo di sotto nell’enoteca, circondati dal colore e dal calore di migliaia di bottiglie dei migliori vini italiani. È un punto di passaggio obbligato, questo, dell’accoglienza. Sandro Baggio ci porta prosciutto dolcissimo, formaggio, carciofi sott’olio e prosecco. Comincia da qui, come sempre, il viaggio nel Comune dei Giovani, l’associazione, il movimento, fondato nel 1962 da don Didimo Mantiero. Don Didimo non c’è più, la sua creatura prospera, limpida come la notte sopra di noi.
La salvezza della città
Prima del Comune, don Didimo aveva creato, nel 1941, La Dieci, facendo una proposta a un gruppo di ragazzi. C’è la medesima preoccupazione che sta alla base del Comune. Lo spunto viene dal famoso episodio del capitolo 18 della Genesi, quando Abramo chiede al Signore di salvare dalla distruzione Sodoma e Gomorra, in nome dei dieci giusti che potrebbero trovarsi in città. Non ne trova e le città sprofondano. Don Didimo pensa che la città debba essere salvata, pensa che non debba essere abbandonata e cerca questi giusti. A Santorso, Vicenza, don Didimo riunisce quindi dieci ragazzi che fanno il “patto di Abramo”, impegnandosi, «soprattutto con la preghiera e il sacrificio», a offrire a Dio un giorno particolare della loro settimana per ottenere la salvezza della propria città. «Per riguardo a quei 10» Dio assicura protezione e benedizione alla città. Qualcuno di loro ha dato proprio la vita, per salvare “la città” che non è un’astrazione, ma il posto dove si vive, il luogo dove si incontrano gli altri.
C’è un’enorme concretezza in questo e nell’impegno del Comune dei Giovani. Lo scrive don Giussani in una lettera agli amici bassanesi nel 2002, quando gli viene conferita la cittadinanza onoraria: «… In seguito mi colpisce la profonda consonanza del vostro tentativo con la concezione educativa che ha mosso la mia vita con tante generazioni di giovani e meno giovani in tutti questi anni, fin dai primi passi al liceo Berchet di Milano. Essa nasce dallo stupore dell’incontro con Cristo come avvenimento totalizzante che investe oggi la vita dell’uomo, così come 2000 anni fa quella di Giovanni e Andrea».
Sindaco, ministri e Consiglio
Il Comune dei Giovani è un’amicizia cominciata nel 1962 nella parrocchia di Santa Croce, dove don Didimo arriva nel 1953. Leggo da una loro pubblicazione: «Nato dal carisma di un sacerdote, don Didimo Mantiero, che riuscì a intuire la forza dei giovani e la seppe mettere attivamente al servizio della Chiesa, attraverso la formazione, la preghiera e la responsabilità (…), il Comune dei Giovani propone l’incontro personale con Gesù Cristo (art. 1 dello statuto) e fa del ragazzo il vero protagonista della propria educazione».
Inizialmente don Didimo si interessa della catechesi, poi, un giorno del 1962, riunisce quindici ragazzi nella canonica della parrocchia e chiede a ognuno di portare altri cinque amici. Nel settembre 1962 75 ragazzi danno il via al Comune dei Giovani, che è un Comune, con sindaco (regolarmente eletto), ministri e Consiglio. Come nelle intenzione di don Didimo, il Comune fornisce buoni amministratori alla città: due sindaci di Bassano (tra cui quello attuale) sono usciti dal Comune. Attualmente il Comune dei Giovani offre al governo della città di Bassano, oltre al sindaco, anche un assessore e tre consiglieri.
Gli iscritti aventi diritto di voto sono un centinaio, ma attorno al Comune dei Giovani gravitano 5-600 ragazzi distribuiti nelle varie attività. Il sindaco ora è Antonio Artuso: è al secondo mandato (dura in carica un anno) e non potrà andare oltre due mandati, come il presidente degli Stati Uniti. «È per non innamorarsi troppo del potere». Antonio ci raggiunge nella tavernetta di casa Scalco, dove si cena. Al Comune si prende la vita con la ragionevolezza e la pienezza dell’essere che produce una compagnia concreta per chi, in una notte d’inverno, necessita di un po’ di calore e di un po’ di cibo.
Una compagnia per tutta la vita
Sotto una bella fotografia di don Giussani che riceve dal padre di Alberto Scalco, Giovanni, una bottiglia di grappa di famiglia, passiamo in rivista una zuppa di zucca e uno splendido arrosto.
Un sindaco, un segretario, quindici ministri, un giornale, La voce dei giovani, con 1.200 abbonati. Il progetto è quello di dare responsabilità ai ragazzi, per cui i “ministri” hanno già compiti importanti, come quello di amministrare le finanze del Comune. E da qui nascono tanti rivoli, dalla scuola politica a quella di cultura cattolica, ma soprattutto quelli che coinvolgono i ragazzi, dal calcio alla pallavolo, dalle gite al teatro, alle marce, alle feste.
All’inizio don Didimo il calcio non lo voleva, ma, racconta Giovanni Scalco, «lo minacciammo: senza calcio ce ne andiamo!». Forse non l’avrebbero fatto, ma chi può vivere senza pallone? Non certo la famiglia Scalco. «Ho passato le mie vacanze di ragazzino nei ritiri delle squadre», dice Alberto Scalco. Il Comune dei Giovani è aperto ai giovani dai 18 ai 30 anni, ma chi ha vissuto pienamente questa esperienza, dopo, vi resta legato. Per finanziarsi il Comune dei Giovani attinge dagli sponsor, dalle offerte e dalle attività sportive. Ma non solo. «Andiamo anche a suonare nei ristoranti».
Chi è passato dal Comune, se ne ha capito il messaggio, non se n’è andato. Ha portato avanti, nella sua vita e nella sua famiglia, quella compagnia che ha imparato.
Come Giovanni Scalco che ci raggiunge con la sua grappa nella tavernetta. Giovanni era uno di quelli del 1962. Racconta: «Don Didimo era preoccupato dei giovani al di fuori dell’ambiente scolastico, perché oltre la scuola non c’era nulla di positivo. I miei figli sono tutti nel Comune. Io so che so
no dentro un’esperienza che li salva».
Cultura cattolica
La Scuola di Cultura cattolica è nata nel 1981 per raccogliere la sfida di un mondo in rapido cambiamento, «per un’opera di recupero della tradizione cattolica, non già per guardare nostalgicamente al passato (…) un aggiornamento originale da parte di una cultura cattolica dotata di una sua identità, in dialogo con le altre culture senza concordismi, mimetismi e complessi d’inferiorità».
Il feeling con Cl nasce in quegli anni ed è, al di là del comune sentire – anzi proprio per quello -, un incontro di umanità che si attraggono. Con qualche delusione, almeno dal punto di vista di chi ha una visione completa e poco salutista della vita. «Formigoni non ha bevuto neanche un goccio, meno male che poi abbiamo conosciuto Buttiglione, ci ha dato soddisfazione». Giovanni Scalco mi fissa. «La vuoi una bottiglia di grappa?». Sta lì, nella vetrinetta. Ogni tanto la guardo. Prima o poi, la battezzo con un po’ di amici, magari con quelli del Comune dei Giovani, se passano da Milano.