Per prima cosa, cos’è la teoria gender?
Questo è il primo problema da affrontare, secondo Gianfranco Amato (avvocato e presidente dei Giuristi per la Vita) quando se ne parla. Spesso la si confonde con altre tematiche, quali l’educazione sessuale, la parità di genere o l’omosessualità, e questo alimenta ancora di più la confusione. La teoria o ideologia gender sostiene che non vi è più un sesso definito dalla nascita, tale è appreso culturalmente e, in base alla sensazione che si ha di sé, può cambiare.
Nelle linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT il gender, o meglio l’identità di genere è definita: il senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali di uomo e donna, ovvero ciò che permette a un individuo di dire: “Io sono un uomo, io sono una donna”, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita.
Tale senso può orientarsi verso un’identità maschile, femminile, o con svariate sfumature tra queste due, tanto che negli Stati Uniti Facebook ha messo a disposizione 51 generi diversi.
Nel 2015 poi, la Nuova Zelanda è stata la prima nazione a riconoscere il genere neutro.
Una dimensione ancora più recente di questo orientamento è ciò che si chiama gender fluid, genere fluido, che consiste nel fatto che un genere non sia più stabilito una volta per tutte, ma sia variabile, in base al momento.
Un altro fatto che si afferma sempre di più è quello di fermare clinicamente la crescita degli adolescenti tramite farmaci, in modo che non rallentare la pubertà, al fine di far loro scegliere a quale sesso appartengono, in modo da far risultare meno invasiva una eventuale operazione. È dunque una teoria che va infine ad intaccare anche il fisico, con operazioni che per cambiare in sesso maschile, femminile, o neutro. Anche questa può sembrare una moda distante, ma purtroppo non è così. Infatti, tre anni fa, anche in Toscana era stato proposto un progetto clinico volto a ritardare la pubertà. Alle parole del Papa, che denuncia come questa situazione generi creino confusione, i cosiddetti gender fluid rispondono che è lui ad essere confuso, loro sono semplicemente flessibili.
Un altro argomento da trattare è la didattica, nella quale, secondo le linee generali, bisogna via via abbattere quelli che sono i generi in tutta la modulistica scolastica, ed educare i bambini a cambiare in base al sesso a cui si sentono di appartenere. Sembra un gioco, ma è un facile sentimentalismo del “sii come ti senti” che giustifica qualsiasi cosa. Ogni desiderio diventa un diritto, in quella che è definita (come citato dal Cardinale Bagnasco) Finestra di Overton: ciò che fino a ieri era impensabile, diventa dapprima accettabile, poi sensato, infine legalizzato.
È un fenomeno che ha del paradossale, secondo l’Associazione Italiana di Psicologia non esiste, ma addirittura le linee guida dell’informazione e della scuola ne parlano, si tengono convegni nelle università; anche i media scrivono lunghi articoli a riguardo, e non solo quelli di stampo cristiano.
È un punto chiave soprattutto la scuola, dove spesso i genitori sono, non per loro colpa, esclusi dall’insegnamento, cosa che non dovrebbe mai accadere in un paese democratico. La stessa cosa accadeva con le dittature del fascismo e del nazismo e allo stesso modo possiamo parlare di una dittatura del pensiero unico. Un’opinione che si metta contro questo pensiero unico è considerato retrograda, bigotta, contro il progresso scientifico, mentre esso punta a creare individui soli membri di una società atomistica, che li può manipolare.
Ma la colpa di tutto questo è in gran parte dei cristiani, che hanno abbandonato la cultura cattolica, che si sono abbandonati ad una fede tiepida e a costo zero.
Amato cita Papa Giovanni Paolo II: “Una fede che non diventa cultura non è pienamente accolta, interamente pensata, fedelmente vissuta”. Se la nostra fede rimane in silenzio, non possiamo pretendere che qualcosa cambi, anzi ci arrenderemo sempre di più a questo pensiero dominante che diventa cultura.
C’è bisogno di risvegliarsi da questo torpore, essere pronti a pagare, magari con la vita, come già accade in qualche parte del modo, per essere veri testimoni della fede in Dio.