Il metodo educativo del Comune dei Giovani come antidoto ad un mondo che ci vuole tutti uomini senza volto
Quando si parla di identità digitale non si può prescindere dal definire che cosa si intende innanzitutto per identità. Nella sua accezione più ampia essa si può definire come la coscienza/consapevolezza, anche collettiva, della propria individualità e personalità. L’identità digitale, al di là del suo significato più tecnico, altro non è che la trasposizione in rete di questa consapevolezza. Ora verrebbe da porsi un semplice quesito: come si forma questa consapevolezza di sé? Il processo di crescita personale porta ogni individuo dall’infanzia all’età adulta ad affermare il proprio Io per contrapposizione. Io sono un essere umano in quanto diverso da un oggetto e da un animale, io sono un uomo in quanto diverso da mia mamma, o da una donna, anche se simili. Io sono io perché unico. L’esame interiore che ci porta a questa consapevolezza è ancora più forte nell’adolescenza, in questo periodo spingiamo il nostro essere al conflitto per un bisogno anelante di affermazione personale. Non a caso spesso in quest’età si parla di ‘crisi d’identità’, che può provocare dei disturbi nella percezione della propria personalità. Non solo la contrapposizione gioca un ruolo importante ma anche l’imitazione, e la riprova sociale in tutto questo ne è la cartina tornasole.
Nel web non è diverso, anzi, questo processo è incentivato. Capire se si è socialmente “ok” è molto più semplice e superficiale, ogni persona può vedere il grado di popolarità di un’altra, ed approvarne così anche se solo virtualmente il comportamento. Ciò però non è esente da problematiche. È più facile pubblicare una foto, che dover sostenere un’argomentazione, e di sicuro porta più \”like\”. Questo massimo risultato con il minimo sforzo porta il giovane a non lavorare su se stesso, e d’altronde perché dovrebbe? Il fatto è che nel web, il senso di accettazione del proprio essere si porta dietro un mare di falsità. In internet è facile mentire, è facile essere diversi da come si è. E con i \”like\” non si sviluppa una personalità. Siamo così abituati a pubblicare piccole parti di noi, piccoli frammenti di come vorremmo essere, o meglio di come vogliamo apparire, che il nostro stesso volto ormai frammentato non riflette più la Luce. Anzi, si specchia su uno schermo nero, capace di illuminarsi e farci scomparire alla prossima notifica.
È in questo mondo che ci vuole sempre più piatti ed omologati, che ancora fa notizia il metodo educativo (vecchio ormai più di 60 anni) di un ‘santo’ prete di campagna che torna a dare importanza ai giovani non in quanto futuro, ma in quanto presente della nostra società. Nel Comune dei Giovani il processo di crescita personale viene stimolato ed aiutato dall’inserimento spontaneo del giovane a fare parte di una Compagnia. Riescono così a formare la propria personalità e la propria identità tramite il protagonismo nel volontariato e nella ricerca della Verità. Essere i principali attori della propria educazione porta ad interrogarsi su temi essenziali della vita di una persona, spingendo l’io a cercare la somiglianza a quell’immagine dell’unico Dio fatto uomo. Il web e la tecnologia non sono un male in sé, ma anzi, molte volte ci semplificano la vita, essi non sono altro che un amplificatore del nostro mondo. Ma se dentro siamo vuoti, o fragili, o insicuri, è questo che comunichiamo, anche con l’intento opposto. Avere un’identità virtuale necessita di basi solide, e di discernimento, senza di essi non resta che una maschera fatta di codici e filtri, che nasconde dietro di essa solo degli uomini senza volto.