Nel senso più universale del termine: l’arte non esisterebbe se l’uomo non fosse tale, se non fosse capace, come con la filosofia, come con la scienza, di pensare in maniera astratta a se stesso, al mondo che lo circonda, e di realizzare qualcosa che rappresenti il suo pensiero.
Nel senso etimologico del termine, ab-trahere, tirare fuori qualcosa, distaccare. Lo ha detto in maniera semplice un genio dell’arte del Novecento, Pablo Picasso:
Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla in sole”. Picasso dipinge o scolpisce l’essenza delle cose, non la loro forma esteriore: la sua arte non imita soltanto la realtà, ma ne ricerca l’essenza, per questo sa che chi usa abilmente un pigmento giallo può esprimere la realtà del sole. E ci vuole “arte e intelligenza.
Capacità tecnica ma anche una mente intelligente, per intus-legere, guardare dentro la realtà
Lo ha scritto Etsuro Sotoo, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare come Comune dei Giovani:
Ero una persona che non sapeva niente e soltanto grazie a un blocco di pietra sono arrivato fin qui. Ho scoperto di percorrere un grande cammino.
(Dalla pietra al Maestro, 2007)
Viene da sorridere sapendo che cosa Sotoo ha saputo realizzare nella Sagrada Familia. Quello che lo scultore esprime è la consapevolezza di essere parte di un percorso: l’arte fin dalle origini, che si tratti di una rappresentazione pittorica, scultorea, architettonica, ma anche teatrale, letteraria, poetica, è sempre stata per l’uomo ricerca di espressione già inscritta nella propria natura, nel suo essere pensante e inquieto, con un cuore, con un animo, come dice un articolo scritto in questo sito pochi giorni fa, perennemente bramoso di un desiderio da compiere.
L’artista è uno che sa essere onesto con se stesso, con la propria ambizione di andare fino in fondo alla realtà delle cose, e a questo dedica la vita intera e il lavoro.
La Pietà di Michelangelo è “soltanto” un blocco di marmo? Questa scultura rappresenta la cosa più tremenda e insieme più consolante: una madre che contempla la morte del proprio figlio, una morte innocente, atroce, ma non c’è disperazione, perché con un gesto di grazia veramente divina Maria apre il palmo sinistro e ci mostra il Figlio, ci invita a contemplarlo, perché sa che quella morte è un atto d’amore, e soprattutto che non sarà l’ultima parola. Chi ha scolpito la Pietà ha unito una tecnica straordinaria ad un’intelligenza ancora più grande. Già Leonardo da Vinci aveva scritto:
Quello che è essenziale è perfetto.
Paradossalmente, l’arte è insieme superflua e necessaria: non serve alla vita materiale comporre una poesia, dipingere un quadro, non sono attività necessarie alla sopravvivenza. Ma sono indispensabili per dare alla vita un significato: per questo Ungaretti scrisse in trincea alcune tra le parole più belle sulla dignità dell’uomo, sul suo valore. Era in guerra, da soldato stava vivendo il massimo della bestialità, del dolore, dell’annientamento. Eppure l’arte è stata per lui la salvezza, la salvezza dell’umano.
Dostoevskij scrisse:
L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui.
Non c’è niente di più personale e di più universale, di più concreto e di più ideale, di più marginale e di più significativo. Per questo spesso si dice che l’arte è la metafora della vita: dietro a qualsiasi opera c’è sempre un significato, magari di rottura e ribellione, di critica e negazione, ma c’è un significato. Un romanzo, un dipinto, una scena di teatro non sono mai solo ripetizione del reale, solo ricerca di una rappresentazione perfetta, solo racconto della vita, ma sempre qualcosa di più. Quel qualcosa di più è dato dalla capacità dell’uomo di leggere se stesso e il rapporto con gli altri, ogni volta in modo nuovo, originale, straordinario.
Il fatto che ci sia un significato nella realtà, qualcosa che ci richiama dal profondo di noi perché fa parte della nostra natura, ci fa pensare a chi questo grande desiderio ce l’abbia messo nel cuore.
Sempre Sotoo afferma:
Senza Verità non c’è arte. Per trovare la Verità bisogna conoscere bene gli esseri del Creato.
In questo l’arte si avvicina alla scienza, come volontà e capacità di indagine delle cose, delle loro leggi. Albert Einstein a proposito di questa fonte comune scrisse:
La cosa più bella con cui possiamo entrare in contatto è il mistero. È la sorgente di tutta la vera arte e di tutta la vera scienza.
Il fatto che ci sia un mistero da scoprire, un altro oltre a noi e alle cose del mondo, e che questo si manifesti nel bello, è la sfida che i grandi maestri, i grandi geni dell’arte hanno saputo vincere con le proprie opere. Hanno creato a partire da una profonda conoscenza delle creature, hanno guardato alla verità della vita perché colpiti, feriti dalla bellezza che in essa sapevano cogliere e rappresentare.
Per primo Platone ha parlato della bellezza come di una ferita, un richiamo che strappa con violenza l’uomo dalla quotidianità e lo rimanda a realtà divine.
Ora la domanda fondamentale è: quale artista è stato in grado di creare l’uomo? Di mettergli nell\’intelligenza, nelle mani e nel cuore una tale abilità e un tale desiderio di esprimere la bellezza?
Nell\’incontrare gli artisti nella Cappella Sistina, il 21 novembre 2009, Papa Benedetto XVI ha detto:
Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno quotidiano […] L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità.