Non è un sentimento di cui si parla molto spesso. Il dolore fa uso di un linguaggio che richiede vie preferenziali, la scelta delle parole è affinata, lenta, poiché si verifica nel campo dello straordinario. La vita ordinaria è calcolata sulla primaria necessità di un equilibrio in cui il dolore non trova posto. In un certo senso non è di questo mondo.
Anche se non serve pensare al dolore esclusivamente nella forma dell’ultima destinazione umana (la morte), è viceversa impossibile non farlo. Brutalmente sgomita nella nostra mente per farsi spazio.
La sofferenza, quell’esperienza che non mostra né fine né giustificazioni sufficienti, non è forse il massimo che come esseri razionali possiamo immaginare senza ricorrere alla religione?
La sofferenza è l’unica traduzione del dolore che siamo in grado di eseguire con i nostri ragionamenti mortali. La religione spiana poi la strada, trasforma la caduta in una risalita. Chissà…
È dunque questa la sensazione esatta del dolore? Non si può certo renderla universalmente valida, ma è un aspetto interessante. L’uomo ha imparato a camminare abilmente sull’orlo del suo baratro: ha imparato a evitarlo. La paura non è la sporgenza di per sé: è il ricordarsi che esiste a due passi da noi. E la paura si manifesta con la vista.
D’altronde la stessa Passione di Cristo ci mostra quanto l’occhio chieda la sua parte, quanto gli strumenti utilizzati dai soldati servano a dimostrare cosa gli si è voluto fare.
Una cosa mi resta in mente in questo flusso di pensiero. Il dolore corrisponde alla fine delle parole e all\’inizio di un silenzio denso di emozioni che non conosciamo nella nostra normalità, che istintivamente cercherebbe sempre di scappare dalla complessità di queste sensazioni.
L’uomo attorno a questo ha sviluppato il mistero del senso della vita. La società con la religione getta continuamente speranze sul vuoto lasciato dalle esperienze dolorose. Come è inspiegabile che non ci si potrà mai liberare del dolore, del motivo per cui esiste, allo stesso modo la vita ci offre tante occasioni per risollevare la questione di fronte a interrogativi maggiori. Spostare queste domande in termini assoluti ci porta ad affacciarci ad un nuovo mistero. Fede e dolore in fin dei conti sono molto simili. Entrambi così personali, delicati, esigenti nelle spiegazioni.
Due misteri, che si incontrano ai limiti della vita. Ecco la fine delle parole. Per quanto ci ostiniamo ad affacciarci nel tentare di vedere oltre, a vincere all\’ultimo secondo è un opaco silenzio.
Mi prostro nel vuoto, a meditare su ciò che non è più di questo mondo.