Cominciamo. Potrebbe chiarire con qualche cifra cosa intende per persecuzione dei cristiani nel mondo?
La prima, e forse la più sconcertante, è 105 mila. Sono i cristiani che ogni anno muoiono. Se volessimo fare alcuni conti più dettagliati, equivarrebbe ad un decesso ogni cinque minuti. E questo basta per far capire le dimensioni del problema. Facendo un conteggio storico, dai tempi delle persecuzioni dei primi discepoli di Cristo ad oggi le vittime ammontano a 70 milioni. Ma il dato più sconcertante è che di questi settanta milioni, 45 si collocano solo nel ventesimo secolo. Attualmente, dopo la fine del conflitto in Sud Sudan sono molto diminuiti.
È sicuramente difficile però trovare governi esplicitamente contro la libertà religiosa o che attualmente compiono stragi di credenti. O almeno è quello che la società ricca e avanzata non ci fa vedere. Chi li uccide? Chi o che cosa si può identificare come responsabile di tali cifre?
Nominare chi sono gli assassini è pericoloso. Spesso sono coloro che ci comprano i buoni del tesoro, quelli che ci vendono il petrolio. È molto più sottile di quanto si creda, questa persecuzione, almeno quella attuale. Diciamo che si tenderebbe a intenerirsi sul morto ma a non voler prendere in esame chi è l’assassino. I responsabili si possono identificare in ideologie, prima tra tutte l’ultrafondamentalismo islamico: questo pensiero è radicato in alcuni stati, che si manifesta attraverso il contagio delle leggi, come possono essere quelle contro l’apostasia, la blasfemia o il delitto d’onore. Esclusi questi casi, non si può neanche dire che non esistano altri governi esplicitamente contro la religione cristiana. Come secondi grandi responsabili infatti possiamo identificare i regimi comunisti, dei quali sopravvivono i regimi asiatici, come la Corea del Nord, che secondo alcune stime in dieci anni è stata responsabile della morte di 300 mila cristiani, e la Cina, nazione priva dei diritti umani che talvolta nomina vescovi nemmeno credenti. Come terzo e ultimo grande responsabile vi sono le forme di nazionalismo religioso, come l’induismo e il buddismo, una mezza via tra nazione unita a religione.
Insisto ancora sulle ideologie, cioè su tutte quelle forme di comportamento molto meno evidenti rispetto ai precedenti casi. Come si comportano questi colpevoli silenziosi?
È il quarto aspetto della cristianofobia, diverso dai precedenti. Si tratta della discriminazione e dell’intolleranza, slegate dai sistemi giuridici di una nazione e da situazioni apertamente ostili, ma intesi come fenomeno esclusivamente culturale. Probabilmente è l’aspetto più vicino alla nostra vita, rispetto all’ultrafondamentalismo islamico e ai regimi estremisti, che possono sembrare estranei alla nostra società. Il cattolicesimo è come il fumo: non si può abolire, ma è meglio evitarlo. Questo sentimento negativo si sta lentamente infilando in Occidente. L’anticattolicesimo è l’ultimo degli aspetti fastidiosi, ma dall’intolleranza si passa poi alla legge, come già accade fuori dall’Europa.
Allora quali sono i motivi che portano all’intolleranza? Probabilmente questo aspetto è molto più recente, in quanto non si tratta apertamente di una lotta o di un contrasto. Per quale motivo sarebbe meglio “evitare” il cattolicesimo?
I cristiani non fanno proselitismo e non sono una religione militante, e questo li rende vulnerabili. Allo stesso tempo però il Cristianesimo contesta le ideologie in ambito civile. Infastidisce.
Concludiamo. Dopo queste osservazioni, quali sono le considerazioni da fare e che cosa si può fare?
Spesso la silenziosa diplomazia può salvare molte vite umane. Ci sono metodi alternativi alla televisione e ai giornali: il più grande social network sono le parrocchie. Bisogna mobilitarle e renderle attive. Attualmente manca clero, e prima di dichiarare grandi nemici esterni sarebbe il caso di volgere uno sguardo a quelli interni, ai cattolici che si vergognano di esserlo e a quelli ultraconservatori. È necessario stabilire un dialogo con le altre religioni, specie con l’Islam. Questo già lo sostenne l’emerito Benedetto XVI. Sono un miliardo e mezzo, è necessario dialogare! Bisogna trovare degli interlocutori con cui discutere su almeno tre punti comuni: la rinuncia al terrorismo, la difesa dei diritti umani secondo criteri di ragione e l’uguaglianza tra uomo e donna.
ARTICOLO PUBBLICATO NEL LA VOCE DEI GIOVANI – GIUGNO 2013