
Resoconto tra il serio e il faceto di una giornata in compagnia del Papa, di amici e di altre svariate decine di migliaia di persone
MEZZO EDITORIALE, MEZZO DIARIO
Movimenti, ecco quello che dovete fare. Firmato Francesco
Incontro, preghiera, testimonianza e un incessante riferimento a Cristo. Resoconto tra il serio e il faceto di una giornata in compagnia del Papa, di amici e di altre svariate decine di migliaia di persone
L’amico prete che viene da lontano (una piccola parrocchia della provincia di Roma) era stato chiaro, in quella Messa dei primi giorni di aprile. Al momento degli avvisi il suo avvertimento era suonato tra il semplice annuncio e l’ordine perentorio: \”Il 18 maggio c’è la Giornata dei Movimenti a Roma\”. Come a dire: mettete insieme una delegazione che sia presente con il minimo indispensabile oltre all’entusiasmo, cioè viveri, acqua e uno striscione.
Arrivato il giorno fatidico e partiamo per Roma. Il viaggio di andata trascorre senza infamia e senza lode. Arriviamo in anticipo, cosa già di per sé straordinaria, vista la nostra tradizione. Ci uniamo agli amici di Arcinazzo Romano e Bellegra guidati da don Paolo (l’amico prete che viene da lontano) alla chiesa del Quo Vadis per una Messa di inizio giornata. Dopo il pranzo frugale all’Istituto delle Suore di S. Sisto, l’ordine di servizio trasmesso è il seguente: \”Ci troviamo nella Sala del Capitolo per il rosario, poi partenza verso S. Pietro\”. In questa Sala dell’Istituto ci sono tre affreschi che raccontano di tre miracoli di S. Domenico. Don Paolo chiede alla suora che ci accompagna di descrivere brevemente le tre risurrezioni illustrate negli affreschi. La suora è talmente breve che a un certo punto dobbiamo interromperla per poter recitare almeno una decina, visto che ormai tempo del rosario è filato via; \”il resto lo reciteremo in bus\”. All’arrivo in piazza S. Pietro, inizia la trafila per trovare posto a sedere per quaranta persone. Ad un tratto ci avvisano che alcuni di noi si devono trasferire sul sagrato, a pochi metri dal Papa. Dopo un’ora, sul sagrato ci sono tutte le quaranta persone della comitiva.
(A chi dovesse chiedere spiegazioni su come abbiamo fatto, risponderemo che è stato lo Spirito Santo, così nessuno avrà nulla da ridire.)
Dal sagrato la piazza che brulica di persone e le bandiere che sventolano in ogni dove è un’esperienza che chissà quando si ripeterà in vita. A riportarci alla concretezza è, all’improvviso, il richiamo di un gabbiano, che planando deposita il suo souvenir sulla spalla di uno di noi. Lapidario il commento di don Paolo: \”Tranquillo, non è lo Spirito Santo che scende\”. In effetti, quello che era sceso non aveva le sembianze di una lingua di fuoco.
Arriva il Papa, e il suo è un intervento spettacolare sotto tutti i punti di vista. Il nostro gruppo è composto da allenatori, animatori, responsabili di attività a vario titolo, e le parole di Francesco sono un’indicazione chiara su ciò che degli educatori devono fare, una bussola con indicati i punti cardinali.
Il Papa ricorda uno dei giorni per lui più importanti, il 21 settembre 1953. \”Era la festa dello studente e sono passato dalla mia parrocchia. Ho trovato un prete, che non conoscevo, e ho sentito la necessità di confessarmi. Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato che qualcuno mi aspettava. Ma non so cosa sia successo, non ricordo, non so proprio perché fosse quel prete là, perché avessi sentito questa voglia di confessarmi, ma la verità è che qualcuno m’aspettava\”. Prima di tutto, quindi, c’è l’importanza di suscitare e di cercare un incontro. Poi le tre parole con cui si comunica la fede: Gesù, preghiera, testimonianza. \”Se andiamo avanti con l’organizzazione ma senza Gesù non va bene\”, dice Francesco, e Gesù si comunica \”solo testimoniando il Vangelo attraverso la vita di tutti i giorni. La Chiesa ha bisogno non tanto di maestri, ma di testimoni\”. Non servono tante parole, ma l’esempio, \”parlare con la vita\”, senza l’eccessiva preoccupazione di essere efficienti. \”Fate attenzione al pericolo dell’efficientismo\”, ha detto il Papa prima di esortare tutti ad aprirsi, perché \”quando la Chiesa si chiude, si ammala. Dobbiamo parlare con persone che non la pensano come noi, che credono ad altro. Tenendo bene presente che anche loro sono figli di Dio, esattamente come noi\”.
Durante l’intervento del Papa le teste di tanti di noi annuiscono e registrano il messaggio. Sentiamo che il Papa ci è vicino e prega per noi, anche quando nella preghiera – lo ammette lui stesso – si \”addormenta un pochettino\”.
Rientriamo a Bassano. Sono passate giusto 24 ore dalla partenza e torniamo con qualcosa in più nello zaino, oltre alla comprensibile stanchezza. Sono gioia, gratitudine, speranza. E c\’è anche la bussola che ci ha lasciato Papa Francesco.
ARTICOLO PUBBLICATO NEL LA VOCE DEI GIOVANI – GIUGNO 2013