Carissimi, sono Debora, mamma della casa famiglia di Santa Croce, vi ringrazio per avermi chiamato a riflettere su questo dono straordinario che è “Essere Madre”, nella luce di colei che è l’abbraccio e il conforto per tutti noi, Maria.
Non riesco ad esprimere i tanti pensieri con un video e in questo tempo mi è difficile raggiungervi, per questo ho pensato di scrivervi.
L’esperienza di essere madre ha a che fare con il sacro che c’è dentro di noi, qualcosa di così grande che va al di là di quello che potrebbe essere il nostro merito o le nostre capacità, è la chiamata del Signore a collaborare con Lui, non solo, a compartecipare della vita. E’ una cosa talmente grande che ci sconvolge.
Infatti nel momento stesso in cui sai che stai aspettando un bambino, capisci che nella tua vita cambierà tutto, che il centro delle tue azioni, dei tuoi pensieri, esce da te e si posa su qualcuno che non sei tu ma che è parte di te, ed è un passaggio definitivo, non è una esperienza. Quando sei mamma e papà, lo sei per la vita. Per questo tanti giovani sono disorientati e impauriti oggi, perché il pensiero di cedere i propri desideri, sostenuti e spinti da questa società che dà come ragione di vita solo la propria realizzazione personale, li terrorizza. Per questo arrivano a fare scelte di morte come l’aborto. La mia esperienza personale, data dall’essere mamma in una casa famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII, mi ha spinto ad incontrare tante di queste giovani mamme impaurite, e quasi sempre, chi ha scelto di interrompere la gravidanza, l’ha fatto perché sola in questa scelta: non si può essere madri da sole, un figlio ha bisogno di una mamma e di un papà, ma anche dell’affetto dei nonni, di una appartenenza ad una famiglia, di sentire chè è amato e desiderato, non un peso. Ce lo insegna per prima Maria, ed il grande disegno di amore che il Signore ha su di lei e su di noi. Maria appartiene a un popolo, il Signore le mette a fianco Giuseppe, che è sconvolto e deluso perché si sente tradito proprio da colei che aveva scelto come compagna per la vita. Quante volte anche noi ci spaventiamo di fronte ai momenti bui, e siamo sul punto di mollare tutto.. la forza di Giuseppe sta nel capire e accettare che questa sua vita è chiamata ad essere un dono, non per sé, ma per la sua sposa e per il figlio di Dio. Così Maria, che si è fidata da subito del Signore ha avuto una famiglia a cui appartenere, un compagno che la proteggeva e un figlio da custodire. E’ l’amore che circola e ci riporta al sacro di cui parlavo all’inizio. La società di oggi ci chiude invece in settori individuali e ci frantuma in tanti piccoli ruoli, la vita diventa una vera e propria corsa. Essere madre diventa difficile tra portare avanti il lavoro, spesso da casa, un lavoro che sempre più ti chiede elasticità negli orari entrando anche nei momenti privati, la cura dei tuoi familiari, come pensare alla spesa, alle faccende domestiche, la crescita dei ragazzi, lo studio, le loro attività, il rapporto con tuo marito.. con fatica si riesce a portare il tutto. Tante donne cercano di tenere tutto sotto controllo ma inevitabilmente si prende contatto con i propri limiti, così piano piano entra la stanchezza e non si riesce più a trovare un senso, ci si sente delusi (senza sapere esattamente da chi) e tante volte si scivola nella tristezza, ci si chiude. Allora in quei momenti davvero guardare a Maria può risollevare e mettere ordine nella nostra vita. Tutta la sua esistenza è vissuta alla luce dell’essere un dono, ci ha insegnato a custodire in sé la vita, fidandosi. A salvare la vita di Gesù ascoltando Giuseppe quando le ha detto di partire, fidandosi. Portando nel cuore quello che vedeva in quel suo figlio speciale, anche quando si è resa conto che lo avrebbero ucciso, fidandosi. Restando accanto a lui fino alla fine, fidandosi. E’ questo AVERE FEDE che è straordinario! Ci apre alla speranza, ci fa capire che SI PUO’ FARE! Si può tenere duro anche nella fatica, anche nel dolore, si può restare accanto a tuo figlio anche quando soffre, si può accettare questa vita e goderne fino in fondo la felicità, perché quando hai fede, hai la fiducia che c’è Qualcun altro che ti porta e che porta i tuoi pesi. Come madre spesso mi rivolgo a Maria, attraverso il rosario, quando sento che le cose non dipendono da me , quando ho toccato la mia impotenza accanto ai figli che il signore mi affidato, quando ho temuto per la loro vita guardandoli su un letto di ospedale. Affidare a Maria quei momenti non li ha fatti magicamente sparire, ma ha dato il coraggio di restare. La chiamata ad essere madre anche dei figli di altre persone, che per tanti motivi in quel momento non possono essere insieme ai loro piccoli chiama ad una responsabilità ancora più grande, mi ha fatto conoscere tante situazioni e capire che non possiamo mai giudicare, ma possiamo restare accanto, come ha fatto Maria quando non comprendeva cosa Gesù faceva e lo conservava nel suo cuore. Quando ho conosciuto la vita della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui faccio parte, ero giovane, avevo 19 anni, ma ero affascinata dal fatto che in una casa famiglia si potesse vivere con persone disabili, persone che uscivano da situazioni di sfruttamento, dall’esperienza della strada, e fare famiglia. Trovare in ciascuno il bello, far uscire il riflesso di Dio anche in persone rifiutate dalla società perché diversi, o perché hanno commesso errori, da cui si sta lontani. Eppure toccare quella umanità era andare a fondo nella mia vita, era provare un profondo rispetto per la vita, in qualunque forma o stato si trovasse, dal primo concepimento fino all’ultimo respiro. Nella vocazione, nel carisma di questa comunità al primo posto c’è la parola “Condivisione”, dividere, spezzare la vita, il pane quotidiano, con i più piccoli (non solo di età) e sofferenti, perché proprio in loro si incontra Gesù. Per questo una volta riconosciuta questa chiamata, il modo naturale di esprimerla è stato quello di non tenere per me la mia famiglia, il mio essere madre, ma insieme al mio sposo, poter diventare madre e padre, fratello maggiore per gli adulti e sostegno per gli anziani che il Signore ci ha fatto dono di incontrare. Oggi la società è spietata nel determinare chi è fico, chi ha successo, chi è produttivo, chi è bello.. perdendo di vista che è nell’errore che si scopre l’originalità, che il rallentare la corsa e tenere il passo con i nostri ragazzi disabili, ti cambia la prospettiva e ti fa cogliere particolari esistenziali invisibili ai nostri occhi, come la gioia e la capacità di camminare, scontato per tutti.. facciamo mediamente più di 2000 passi al giorno, pensate a quanto la mia Rosa desidererebbe farne solo uno. Così lei ad esempio trova altri modi per correre, per mostrare il bello che ha in sé, e questo sguardo di madre che mi permette di riconoscerla per la bellezza che è me lo ha insegnato proprio Maria. Lei che è madre di tutta l’umanità, ama con ardore i suoi figli. Vi auguro di avere il suo stesso sguardo d’amore nello stimarvi a vicenda, perché ognuno ha i propri pregi e difetti, ma se guardo con amore mio fratello, di sicuro trovo più cose che mi uniscono di quelle che ci separano, Maria ci aiuta a vivere meglio la fraternità perché ci fa sentire tutti figli, e ci accompagna nella responsabilità di essere custodi dei nostri fratelli.
Tante mamma come me, nei momenti di fatica si uniscono nel cuore a Maria, custodisce le nostre preghiere, intercede con il Padre, sostiene nel cammino e ci capisce, lei è una donna come noi, una madre come noi.
Vi saluto con affetto Debora.