
Due incontri organizzati dall\’ASD Santa Croce a parlare di educazione e sport con Giancarlo Ronchi e Antonello Bolis.
SPORT & EDUCAZIONE
L’importante non è solo partecipare. E’ anche educare
La pratica sportiva non è sol fatica, impegno e risultato. È anche tensione al bello e attenzione alla persona, al suo compimento e alla sua realizzazione. Serve uno sguardo diverso, su se stessi e sugli altri
Qual è la domanda educativa oggi? Quali sono i più grandi problemi, nella società e – di riflesso – anche nello sport? Una prima analisi porterebbe a concludere che non sappiamo più educare: gli adulti sono deboli e poco chiari nel rispetto delle regole in famiglia e fuori, e si verificano situazioni distorte come nel caso dei “genitori sindacalisti” citati da Antonio Polito nel libro “Contro i papà”, che descrive proprio questo fenomeno. Ad affrontare il tema l’Associazione Sportiva S. Croce ha invitato in due diversi incontri rivolti ad allenatori e dirigenti Giancarlo Ronchi (foto a sinistra), membro della Compagnia delle Opere Sport, e Antonello Bolis (foto a destra), docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione all’Università Cattolica di Milano e responsabile dell’Area Pedagogica della Scuola Calcio Milan.
Ronchi ha sottolineato che il primo obiettivo dello sport è di essere un mezzo per incrementare il valore della persona, della sua umanità. Una cosa che accomuna tutti i ragazzi è la passione per il bello che è il grande motore della vita perché “non sarebbe possibile affrontare disinteressatamente le fatiche della vita sui monti se le forze fisiche e muscolari, a ciò necessarie, non fossero sostenute da una tenace volontà e da un’intelligente passione per il bello”, ha detto Ronchi citando Giovanni Paolo II. Sfide, fatiche, impegno e tenacia sono solo alcune delle cose che servono per ottenere risultati e soprattutto per crescere il ragazzo più completo, perché un palleggio ben fatto o un tiro in porta ben riuscito esprimono una bellezza la fatica fatta per ottenerli. L’occhio di riguardo bisogna averlo, quindi, non alla voglia di vincere e di ottenere solo risultati ma alla voglia di compimento di crescita e di realizzazione del bambino o ragazzo che pratica un’attività sportiva.
Antonello Bolis ha invece rimarcato l’importanza, attraverso la pratica sportiva, di educare al reale, di far prevalere l’esperienza sulla virtualità di cui è intrisa la vita dei giovani. E questo per diversi motivi: “per imparare ad accettare il limite come un dato e riuscire a trasformarlo in opportunità”, per esaltare la dimensione relazionale dello sport e per “riscoprire un rapporto corretto con l’adulto”. Quest’ultimo è fondamentale perché è la guida attraverso cui il ragazzo riscopre il desiderio di bene, di felicità che c’è in ogni persona. “Il compito di voi allenatori – ha commentato Ronchi – è di aver cura dei ragazzi tenendo presente tutta la persona. Questo è molto importante perché di solito, nello sport, i ragazzi vengono trattati e considerati solo per il particolare su cui sono coinvolti; invece da un particolare si incontra tutta la persona”. Però l’allenatore non può avere uno sguardo sugli altri se non ha lo stesso sguardo su di sé, se non vive quello sguardo su se stesso.
Come nel caso di Will, protagonista del cortometraggio “Il Circo della Farfalla”. Nato senza arti e impiegato come fenomeno da baraccone in un circo, Will un giorno incontra Mèndez, capo del Circo della Farfalla, che vedendolo esclama stupito “Tu sei meraviglioso!” e gli fa capire di avere un valore irriducibile, nonostante il suo essere senza gambe né braccia. Inizia così un percorso di crescita e di educazione che porta il protagonista al suo compimento, a dare un senso a una vita che prima era piena di tristezza a causa della sua situazione. Tutto grazie a quell’iniziale sguardo di Mèndez, grazie a quel “Tu sei meraviglioso!”.
Giulia Fietta
ARTICOLO PUBBLICATO NEL
LA VOCE DEI GIOVANI - GIUGNO 2013