\”Educare alla verità\” è il secondo di una rassegna di tre incontri organizzati dal collegio arcivescovile di Trento. Gli incontri, a cavallo tra febbraio e marzo 2012, dal titolo \”E\’ questione di educazione\” hanno portato diversi ospiti a parlare di tematiche educative.
Venerdì 1 marzo scorso l\’ospite della serata è stato il professore-scrittore Alessandro D\’Avenia, autore di \”Bianca come il latte, rossa come il sangue\” e di \”Cose che nessuno sa\”.
Perché educazione e verità sono due argomenti così collegati?
L\’autore anzitutto parte dall\’etimologia dei termini.
In inglese la verità è \’truth\’. La radice del termine \’truth\’ è la stessa della parola \’tree\’, in italiano \’albero\’. Un albero è una realtà evidente, una verità assoluta, lapalissiana.
I latini dicevano spesso \’arbor felix\’ riguardo le piante che davano buoni frutti. L\’albero è felice, felice quando dà frutto, quando realizza quella che è la sua natura.
Educare invece è etimologicamente legato al concetto di libertà: \’educare\’ deriva dal latino \’e-ducere\’, letteralmente \’condurre fuori\’. Educare pienamente significa quindi \”condurre fuori\” l\’individuo, renderlo veramente libero. \’Libero\’, dal latino \’liber\’, significa \’figlio\’. Per essere pienamente liberi, bisogna divenire figli.
Spostandoci invece nei contrari, cercando il concetto di non-libertà, si trova \’captivus\’ che significa catturato, imprigionato.
\’Captivus\’ è l\’origine del termine \’cattivo\’, colui che si comporta male.
Facendo dei passaggi semplici a partire dall\’etimologia dei termini Alessandro D\’Avenia è arrivato alla conclusione che evidenzia il legame forte tra educazione e verità:
l\’educazione rende l\’uomo libero, perché porta l\’uomo alla capacità di scegliere secondo verità.
Visto il pubblico di molti studenti ed insegnanti dell\’Istituto Arcivescovile di Trento, il prof. D\’Avenia ha parlato poi della fase in cui maggiormente nell\’uomo emerge la volontà di essere educato, problematiche annesse.
La vita è il desiderio di trovare là fuori qualcuno in grado di cogliere la verità del nostro essere.
Questo momento della vita è l\’adolescenza e questo desiderio è l\’amore.
L\’adolescenza è una sorta di seconda nascita, in cui l\’adolescente vuole essere conosciuto per quello che è: vuole ed essere sincero.
\’Sincero = sine cera\’. Le statue greche e romane quando cominciavano a rovinarsi venivano coperte di cera all\’apparire delle crepe. La sincerità è la capacità, per l\’essere umano quasi necessità, di essere ciò che si è, e di essere amati per quello che si è.
«Nella rosa prima vengono le spine, poi viene tutto il fiore. E l\’adolescenza è così.» continua poi D\’Avenia
L\’uomo è l\’unico animale che va in controtendenza: non c\’è nessun animale con uno svezzamento continuo.
L\’uomo vive delle relazioni sociali.
Per capire l\’uomo, sottolinea l\’autore, andrebbe rigirato il famoso aforisma cartesiano: Cogito ergo sum. L\’uomo non è in quanto tale perché pensa.
Cogitor ergo sum: sono pensato dunque sono!
«La nostra verità ci viene prima da un tu che da un io!»
L\’educatore è come il primo uomo nel giardino dell\’Eden: l\’uomo che custodisce e coltiva il mondo. L\’educatore difende e sviluppa.
D\’Avenia durante la serata ha lanciato una sorta di appello, sia agli alunni che ai professori, nel \’concentrarsi\’. Con+centrare, trovare il centro: spesso vi è la necessità di dover sopperire con delle regole all\’educazione, e questo è testimonianza che non c\’è un centro che regola in maniera naturale, ma vi è l\’esigenza quindi di sopperire alla mancanza di questo centro.
Per educare oggi non ci vogliono i manuali di psicologia, di sociologia, e altri. Serve tempo. Tempo qualitativamente SIGNIFICATIVO
Dostoevsky scrisse \”La bellezza salverà il mondo\”. Ma, come dice D\’Avenia, la bellezza sta già facendo inesorabilmente strada. E\’ infatti scritto proprio nel genoma umano che l\’uno si prenda cura dell\’altro.
E come deve essere l\’educazione per essere vera?
Il professor Alessandro D\’Avenia insegna a Milano, ma è di origini siciliane. E\’ nell\’anno della sua quarta superiore quando il suo professore, don Pino Puglisi, non fa ritorno in classe.
Gli hanno sparato.
Gli hanno sparato per quello che insegnava. Lo hanno ammazzato perché nel quartiere di Brancaccio \’e-ducava\’, tirava via dalla strada tutti i ragazzi che sarebbero diventati la manovalanza della mafia.
Gli hanno sparato per quello che diceva in classe.
L\’educazione vera è testimonianza integrale di vita.