Il 30 gennaio a Roma è andato in scena il Family Day, una manifestazione il quale scopo, per chi non ne fosse a conoscenza, è stato quello di esternare una posizione di contrarietà nei confronti del ddl della senatrice Monica Cirinnà.
Anche il Comune dei Giovani, insieme alle Opere di Don Didimo e alla Scuola di Cultura Cattolica, ha partecipato con una delegazione all\’evento.
Tra i tanti, sul palco, oltre all\’organizzatore Massimo Gandolfini, hanno parlato Massimo Adinolfi, fondatore e direttore del quotidiano La Croce e Gianfranco Amato, avvocato e presidente dei Giuristi per la Vita.
Ma da dove partire per parlarne? I giornali hanno pensato che la prima cosa giusta da fare fosse smascherare la vergognosa affermazione di \”siamo in 2 milioni\”.
Vero, non c\’erano due milioni di persone, come non erano un milione i manifestanti arcobaleno in tutte le piazze d\’Italia una settimana prima. Parlare di numeri su temi così caldi, sembra a dir poco riduttivo…
Per molti, la famiglia rappresenta la cellula essenziale della società e presenta aspetti generativi, educativi ed economici che nessun altra istituzione può pareggiare. Ma se all\’articolo 3 della nostra Costituzione si parla di uguaglianza formale (tutti uguali di fronte alla legge) e sostanziale (valutazione analoga di situazioni analoghe), perché equiparare l\’unione omosessuale al matrimonio, sul quale si fonda quella società naturale chiamata famiglia?
C\’è poi da aggiungere “tradizionale” al sostantivo “famiglia”, per non cadere nel rischio di chi la definisce tale, considerando come requisito sufficiente, l\’amore.
In questo senso il Family Day un segnale forte lo ha dato.
Ne è stata la prova la prima discussione in Senato sul testo, rinviata per confusione e la successiva approvazione parziale, escludendo la stepchild adoption.
Positivo, ma non serve esultare troppo. Il raggiro di questo “mancato diritto” sulle adozioni da parte di coppie omosessuali è semplice, e si annida nella discrezionalità del giudice di giudicare, con una sentenza, il singolo caso concreto.
La denuncia di tutto questo è partita quando, qualcuno ha fatto notare realmente che cos\’è questa particolare adozione. Non è altro che l\’apertura della pratica dell\’utero in affitto, o gestazione per altri per non essere troppo diretti, con la quale una donna, dà alla luce un figlio che non avrà la possibilità di accudire. Si parla di avere figli come diritto, quando questi non lo sono. Si parla di proprietà, ma la vita di un altra persona non appartiene a nessuno e tanto meno la propria (ma questo è un altro discorso).
Basta un attimo per mercificare delle vite e ancor più istantaneo diventa il business che dietro si cela. E\’ sufficiente viaggiare negli Stati dove questo è permesso, comprare un figlio (evitiamo digressioni su fecondazione in provetta), tornare in Italia, farlo riconoscere ed il gioco è fatto.
Le leggi avanzano, e sembrano tenere sempre meno conto di quel diritto naturale insito in ciascuno di noi. Stiamo alimentando un progresso, che soffoca la Verità.