Il terzo Aperitivo Storico di domenica 11 marzo 2011, ha trattato le annate dal 1974-75 al 1978-79.
Il CdG nel 1972 spegneva la decima candelina, mentre cominciavano ad essere anni in cui la malattia limitava sempre più il parroco di Santa Croce.
IL TRATTATO DEL 1975
Il progetto giovanile di don Didimo Mantiero, dopo un primo decennio, dimostrava affidabilità, capacità e l\’effettiva portata educativa. Nel 1975 viene edito a Vicenza un primo veloce trattato sul Comune dei Giovani, con un\’introduzione del Vescovo di Vicenza. Si tratta di un testo in puro stile mantieriano, ma che non è firmato da alcun autore preciso.
LA MALATTIA
Nel 1975 don Didimo Mantiero aveva 63 anni e la malattia lo stava sempre più fermando. Nel 1979 i sintomi divennero tali da portare don Didimo a dover lasciare l\’incarico di parrocco di Santa Croce a don Antonio Gonzato, che divenne anche il nuovo assistente del Cdg. Don Didimo restò comunque a Santa Croce di Bassano del Grappa, assistito con crescente frequenza dai \”suoi\” giovani, fino al giorno della sua morte, nel 1991 nel giorno di Sant\’Antonio.
L\’AFFETTO PER IL \”VECIO\”
Il \”vecio\” è il nomignolo con cui molti giovani di allora ricordano il fondatore dell\’associazione.
Franco Battaglia, sindaco del Cdg nel 1979, durante l\’aperitivo storico, ha parlato dell\’unico legame che aveva con l\’associazione nei suoi primi anni: la dottrina.
Don Didimo ci faceva sempre capire come i momenti più importanti fossero i momenti di formazione. […] Aveva un carattere anche rude, come persona ti \”saggiava\” diverse volte, ma dopo ogni confronto tornavi a casa sempre carico \’come una molla\’. […] Riguardo il suo metodo ricordo che ripeteva spesso \”Omnia scire, multa dissimulare, pauca corrigere\”.
Che significa grossomodo \”essere a conoscenza di tutto, dissimulare molto e correggere poco\”. Don Didimo lasciava spazio d\’espressione ai giovani correggendo gli errori più grossi, e ricavando da ogni esperienza una lezione per la vita.
«Ci lasciava crescere anche sui soldi» ricorda Egidio Torresan, sindaco del CdG nel 1983. Don Didimo non aveva paura nell\’affidare anche grosse quantità di denaro ai giovani. La responsabilità delle finanze è un importante passaggio educativo ancor\’oggi nel Cdg.
E\’ stato come un padre di famiglia
evidenzia Renzo Guidolin durante l\’Aperitivo Storico. Si trattava di un sacerdote che sapeva conoscere subito in profondità il giovane. Qualcuno scherza sul fatto «Se no el gavesse fato el prete, el saria stato un bravo giornaista!». Da questa conoscenza profonda riusciva a trovare il giusto appiglio per ogni giovane.
LA VICINANZA DI DON DIDIMO AI PROBLEMI DEI GIOVANI
Nel secondo aperitivo storico, don Didimo Mantiero era stato definito un \”misantropo solitario\”. Da questi colloqui con i giovani che lo hanno conosciuto di persona emerge un carattere forte, non facile. Ma colpisce l\’incredibile umanità di questo sacerdote, attento all\’educazione in ogni aspetto, dalla dottrina alle problematiche di tutti i giorni.
Era un uomo che ogni tanto ti metteva addirittura soggezione, ma si è sempre dimostrato sensibile con le difficoltà dei ragazzi. Ad esempio per chi non riusciva con lo studio comprava i libri, si adoperava perché tutti avessero un lavoro, senza mai pretendere nulla in cambio.
ricorda Roberto Maso, ministro per il primo anno nel 1978, l\’ultimo in cui don Didimo è assistente del Cdg.
«In canonica che xera sempre xente che xugava a carte, chi che studiava, … a domenega a canonica a xera de tuti!» scherza Sergio Mariotto, segretario del Cdg dal 1978-79 al 1980-81.
Egidio Torresan, ricorda il giorno del suo esordio calcistico in Prima Squadra a Santa Croce:
Don Didimo è venuto a dottrina a darmi istruzioni e a prepararmi alla partita. \”Va che te zughi uncò!\”
Don Didimo era attento alle varie prestazioni sportive, anche se non è mai stato un grande appassionato di sport. Sicuramente una delle sue passioni era il teatro; la compagnia filodrammatica del Cdg era diretta da don Didimo: era regista e durante le commedie stava nella \”buca del suggeritore\”. Si ride ancora a pensare don Didimo \”nel buso\” al centro del proscenio, con il copione in mano.
LE DIFFICOLTA\’ DELLA MALATTIA
Nei primi due aperitivi storici si è molto parlato della profonda cultura di don Didimo Mantiero, che spaziava da Leopardi a Cicerone. In questo terzo incontro, con il protrarsi della malattia, emergono grosse difficoltà per il parrocco nel parlare.
Manuela Mariotto se lo ricorda così: «All\’asilo era senza voce. Mi ricordo che noi respiravamo piano per sentirlo. Faceva delle conferenze il giovedì nella stanza piccola che erano dei capolavori. […] Il Comune delle Giovani non aveva lo stesso ruolo di quello maschile, ma riusciva a farci sentire importanti per il lavoro che facevamo: ci faceva sentire allo stesso livello».
Negli ultimi anni di vita, veniva assistito dai suoi giovani giorno e notte. Aveva qualche giornata di lucidità in cui si informava e parlava, ma la maggior parte delle volte non riusciva nemmeno a parlare, e l\’unica cosa che riusciva a fare era piangere.
Nella chiesetta in asilo, fino a pochi giorni prima di morire, celebrava delle Messe, molte volte senza riuscire a dire una parola.
Domani esce la seconda parte degli appunti dell\’incontro \”Terzo Aperitivo Storico\”.